venerdì 11 dicembre 2009

METTI LA STRADA DI CASA SOTTO L'ALBERO



La strada di casa è un print on demand, cioè viene stampato solo quando qualcuno ne fa richiesta. Per questo potete rivolgervi direttamente a me per l'acquisto: ho sempre copie immediatamente disponibili, mentre passando dalla casa editrice i tempi si allungano (normalmente ci vogliono alcune settimane). Contattatemi a larazavatteri@gmail.com o profilo su Facebook!

martedì 17 novembre 2009

COMMENTO A LA STRADA ...


Ricevo da Chiara un commento su La strada scritto su Facebook nella pagina e nel gruppo dedicati al libro (basta cercare nel motore di ricerca di Facebook "La strada di casa")

Will, Anna... sanno ormai qual è la strada di casa... Il romanzo è bellissimo: l'ho letto tutto d'un fiato ieri, nel mio primo pomeriggio libero. Bella la storia, incastri perfetti tra le pagine del diario ed il viaggio di Anna, descrizioni particolari, raffinate nel diario di Sara che sembrano tratte da un diaro reale,... lettura scorrevole, piacevole... Io sinceramente son poco dedita alla lettura eppure questo libro mi ha preso alla grande... Lo "sentivo"... Lascia accesa la speranza che ognuno, anche dopo tanti passi di vita, possa trovare "La strada di casa"... in qualche senso spero di ritrovare anch'io la mia... Sicuramente è una bella idea-regalo. Mi piacerebbe ricevere anche RESET... ed anche gli altri tuoi scritti... ci accorderemo... grazie Lara.

venerdì 30 ottobre 2009

LA STRADA SU YOURBOOKS

La strada di casa è anche su Yourbooks, potale che dà visibilità a tutti gli autori esordienti mettendo a disposizione in Rete tutte le informazioni riguardo i libri degli autori e molto di più. Un ottimo servizio per gli scrittori e per i lettori.

Cliccate su http://www.yourbooks.it per scoprire il mondo Yourbooks

martedì 6 ottobre 2009

MATILDE RITORNA IN RESET


Matilde, una delle protagoniste de La Strada di casa, torna anche nel mio nuovo romanzo "Reset" edito dalla casa editrice Silele (www.silele.eu). Rispetto a La Strada di casa la storia viene ripresa quando Matilde è ancora ragazza, vive in famiglia e si trova coinvolta nell'incendio del 1904 di Mezzana, quando la madre Maria perse la vita. Sarà accanto alla sorella Caterina trasferita in un istituto per sordi a Trento e successivamente emigrerà in America per tornare al paese anni dopo, lavorando, come ne La strada di casa, come postina. Resta identico il desiderio di ritrovare, appunto, la strada di casa. Una protagonista forte, in entrambi i testi.

martedì 1 settembre 2009

COSI' INIZIA LA STRADA DI CASA

Novembre 2005 Anna non aveva chiuso occhio quella notte. Si era
addormentata tardi, svegliandosi di continuo mentre
la sua mente ripeteva all’infinito gli accadimenti di
quella giornata senza darle un attimo di tregua e,
adesso, cammina sotto la pioggia verso la clinica,
qualche minuto prima dell’orario consentito per le
visite.
Tutto, a parte quell’anticipo d’inverno nell’aria ed il
cielo grigio di pioggia è esattamente come il mattino
precedente: uguale la sua macchina parcheggiata nel
vialetto, poco lontano dall’ingresso dell’ospedale,
uguale i volti di coloro che incontra, il giornalaio che
sistema in ordine i quotidiani, i commercianti che
aprono sbadigliando le saracinesche dei loro negozi,
uguali gli alberi del parco che, muti e spogli,
attendono il passare del tempo.
Invece lei è diversa, ogni cosa in lei è mutata e le
sembra che anche gli altri lo possano notare, che nel
salutarla la vecchietta dietro la solita finestra la osservi
con più attenzione, quasi scrutandola, che quei luoghi
tanto familiari la accolgano consapevoli del suo

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cambiamento. Anna sorride suo malgrado di
quell’ingenuità: solo lei può conoscere il suo
turbamento e sapere quante domande l’hanno
costretta a restare sveglia in quella lunga notte
insonne. Con questi pensieri arriva davanti
all’ingresso, chiude l’ombrello fradicio di pioggia ed
entra nella saletta d’attesa. È completamente sola e,
costatandolo, si sente sollevata. Senza altre persone
intorno, può permettersi di non fingere, di tornare alla
sera prima, quando ha scoperto il segreto che Sara,
sua madre, ha custodito per tutta la vita, che anzi
avrebbe probabilmente portato nella tomba, se per
pura casualità Anna non avesse trovato quel quaderno
d’appunti mescolato ad altre cose appartenute a lei.
Mentre la macchinetta automatica prepara il caffè,
Anna, seduta su una sedia di plastica, esamina di
nuovo tutti i dettagli della serata, con la minuzia di
chi, ancora incredulo, sta cercando di trovare delle
risposte. Come negli ultimi sette mesi, la mattina era
passata in clinica a trovare la madre. Quella che un
tempo era stata una donna sempre in movimento la
cui voce echeggiava per le stanze adesso se ne stava
distesa in un letto, muta, gli occhi quasi sempre chiusi
o fissi verso il soffitto, dimagrita a tal punto che

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nessuno degli abiti lasciati nell’armadio di casa le
sarebbe più andato bene.
Dal giorno dell’ictus era stata trasferita in quella
clinica specializzata di Trento, per tentare un seppur
minimo recupero. Anna non poteva e non voleva
accettare le alternative che quella situazione le
prospettava: perdere per sempre la persona che amava
o vederla vivere, se quello in definitiva era davvero
vivere, incapace di muoversi, di parlare, magari anche
di pensare. Così, contro il parere del suo medico, che
le aveva consigliato di non farsi illusioni, aveva
portato la madre in quella clinica, speranzosa. Non le
avevano certo promesso miracoli, ma da quando
frequentava quel luogo aveva visto migliorare altri due
pazienti, uno dei quali era arrivato lì in condizioni
ancora peggiori della madre. Erano miglioramenti
minuscoli agli occhi di una persona esterna e non
toccata da quei drammi: un dito che ricominciava a
muoversi, occhi che seguivano un viso, qualche suono
disarticolato, un fioco sibilo che giungeva dalla gola.
Per lei significava credere ancora, riuscire, anche se a
fatica, ad immaginarsi di nuovo la madre com’era una
volta. Fino a quel momento di miglioramenti non ce
n’erano stati, ma ogni mattina lei usciva di casa e

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guidava fin lì sperando di nuovo, ed ogni giorno,
tornando sui suoi passi, portava con sé una nuova
delusione.
Dopo, aveva lavorato al suo negozio di fiori
rinunciando al riposo settimanale, poiché sapeva bene
come solamente il lavoro fosse in grado di distrarla
dalle sue preoccupazioni. Lavorava molto di più da
quando la madre era malata, si lasciava sfiancare per
evitare di pensare.
Era stata la conversazione di due clienti ad indurla
a cercare qualcosa tra gli oggetti della madre. Mentre
lei avvolgeva le piante che le donne avevano scelto in
un’elegante carta rosa e sceglieva i nastri da abbinare,
le clienti attendevano di pagare parlottando tra loro di
un orologio antico, da taschino, che misteriosamente
pareva scomparso.
“Davvero un peccato. Non tanto per il valore
dell’oggetto, ma sai, era un ricordo. All’interno mio
nonno aveva fatto incidere una data” aveva detto la
più anziana delle due, sospirando con rammarico.
“Quale data? Un giorno particolare?” aveva chiesto
l’altra incuriosita.

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“Sì, la data e l’ora di nascita di mia madre”.
Ad Anna era tornato alla mente in quel momento
un altro orologio, quello che suo nonno, il padre di
sua madre, teneva sempre nel doppiopetto con una
catenella d’oro. Le sembrava che anche quello avesse
una data incisa e decise di verificare appena chiuso il
negozio. La sera tirò fuori tutte le scatole in cui erano
riposti gli oggetti della madre per esaminarne il
contenuto. Appena gli occhi si posavano su un libro,
una spazzola, una sciarpa, qualsiasi piccolo
frammento della vita di un tempo, una fitta le
attanagliava il cuore.
Aveva quasi disperato di trovare l’orologio quando
una cassetta di sicurezza di ferro catturò la sua
attenzione, era molto pesante e chiusa con un
lucchetto. Rovistò dappertutto alla ricerca della
chiave, senza però trovarne traccia. Solo dopo un’ora
si ricordò che la madre era solita nascondere i suoi
oggetti più preziosi in una sorta di gavetta militare,
testimonianza dell’ultima guerra, che Anna credeva di
suo padre. Si alzò subito per prenderla: la gavetta era
ancora al suo posto, ammaccata su un lato e un po’
arrugginita sui bordi, appoggiata sull’ultima mensola

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accanto alle scale che portavano in cantina. Dentro,
trovò una piccola chiave, che risultò essere proprio
quella della cassettina. Anna l’aprì esultante.
Al suo interno scoprì tanti piccoli tesori: c’erano
due dentini che riconobbe. Erano due dei suoi, persi a
sei anni, che lei stessa aveva nascosto sperando che un
topolino li trovasse per portarle una sorpresa;
ricordava ancora la delusione provata qualche anno
più tardi, il giorno in cui fu svelata la vera identità del
topo, come quella magia si era dissolta e con lei la sua
infanzia. C’erano poi fotografie in bianco e nero di
un’altra epoca, quando sua madre era bambina negli
anni del fascismo, vestita con la divisa da Piccola
italiana e immagini di suo fratello, lo zio Renzo, che
era stato partigiano, della zia Matilde, la prozia di
Anna: due persone che lei non aveva mai conosciuto.
C’erano monete e banconote fuori corso da un pezzo,
lettere ingiallite e l’orologio, posato sopra un
quaderno nero rilegato.
La sua curiosità le fece però trascurare l’orologio
del nonno, a lungo cercato, per concentrarsi invece su
quel taccuino, che a prima vista sembrava un diario.
Lo prese in mano titubante. Le era concesso spiare
così nella vita passata di sua madre? Era forse

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immorale da parte sua frugare a quel modo nei
pensieri più intimi di qualcuno che non poteva
difendere i suoi segreti? Alla fine, senza smettere di
sentirsi colpevole nel violare quelle pagine, aprì il
quaderno ed iniziò a leggere: sua madre, pensò, non
l’avrebbe mai saputo.
Leggeva in fretta, scorreva veloce un’esistenza
altrui tra quelle righe scritte in inchiostro nero, con
sempre maggiore stupore. Molto di ciò che leggeva le
era stato nascosto, ma non era niente rispetto alla
notizia che avrebbe appreso molte pagine dopo. Il
carattere della sua nonna paterna, ad esempio, tanto
autoritaria, lei l’aveva notato meno, così come i
pregiudizi e, a tratti, l’indifferenza e la cattiveria di
molti che avevano fatto parte della vita di sua madre
ed altri dettagli di persone che, a lei, si erano mostrate
sotto tutt’altra luce. Delle riflessioni di sua madre, poi,
sapeva poco, né aveva mai sospettato che si ponesse
domande sulla sua situazione in famiglia ed in società.
Quanti malumori, quante crisi, trasparivano invece da
quella pagine, quanta rabbia trattenuta a forza durante
il giorno era sfogata in quel diario di notte. Ad Anna
era sempre più difficile ritrovare sua madre in quelle
pagine, si chiedeva se l’avesse mai realmente

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conosciuta o se per tutti quegli anni avesse intravisto
solo un opaco riflesso della sua figura. Leggeva come
sospesa nel tempo, incurante del telefono che
squillava, della cena, del sonno, leggeva
domandandosi dove l’avrebbe portata quel racconto,
a quali verità sarebbe approdata una volta giunta alla
fine.
L’impazienza la tormentava, voleva farla saltare
subito alla conclusione, come accade quando una
storia ci appassiona a tal punto da voler conoscere
immediatamente il finale, tralasciando le troppe
pagine comprese tra l’inizio e la fine. Ma Anna invece
doveva conoscere, capire bene tutti i passaggi che
avevano prodotto gli eventi, cosa, in quella miriade
d’emozioni e sensazioni, aveva scatenato l’irreparabile.
Personaggi che lei stessa aveva conosciuto le
danzavano davanti in vesti nuove, ognuno con i suoi
insegnamenti, buoni o cattivi che fossero, per la
donna che chiamava madre e che ora le era
sconosciuta.
Finalmente la sua ansia, cresciuta man mano che
proseguiva nella lettura ad un livello spaventoso, si
placò. Più volte, prima di andare avanti, cercò con gli
occhi quel nome, lo rilesse per accertarsi che davvero

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fosse scritto lì, su quel foglio, a svelarle che lei, Anna,
non era sola al mondo.
E allora quel presentimento che sempre aveva
portato con sé fin dall’infanzia e che mai era riuscita a
spiegarsi nel corso degli anni (e del quale non aveva
mai fatto parola con la madre, né con altri) cominciò a
prender forma, a diventare qualcosa di concreto e non
più una vaga sensazione; in fondo all’ultima pagina un
indirizzo annotato con un inchiostro diverso, meno
sbiadito, come fosse stato ricalcato più volte per
evitare che si potesse cancellare, rendeva tutto ancora
più vero. Per attimi eterni rimase con lo sguardo
immobile sulla pagina. Non era possibile, non da sua
madre. Un segreto del genere l’avrebbe sicuramente
uccisa, a sua figlia, almeno, l’avrebbe detto. Eppure
era stata proprio la sua mano che, tanti anni prima,
aveva riempito le pagine bianche di quel quaderno, ed
era la calligrafia della madre che l’aveva guidata in quel
viaggio sorprendente.
Come, si chiedeva Anna, in che modo era riuscita a
sopravvivere, a trascinare avanti la sua esistenza per
anni, decenni, sola col suo segreto? Che la madre
avesse dimenticato per il troppo dolore? No, cose del
genere non si scordano.

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Così, tra mille interrogativi, era passata la notte ed
il giorno nuovo l’aveva trovata ancora immersa
totalmente in quella storia. Sapeva cosa doveva fare.
Prestissimo, aveva telefonato ad una compagnia aerea
e prenotato un volo per quel giorno stesso. Poi, aveva
riempito con l’essenziale la borsa da viaggio (che in
realtà non utilizzava mai, da quando la madre era in
quelle condizioni) infilandoci con cura e per ultimo
anche il quaderno nero prima di richiuderla, si era
vestita ed era corsa in clinica.
Ed eccola qui, adesso, umida di pioggia e vento
davanti ad un caffè caldo, in una saletta vuota. È
venuta a cercare spiegazioni dall’unica persona che
potrebbe fornirgliele, ma sa che non ne avrà. Cosa
potrebbero svelare gli occhi fissi di Sara, le sue labbra
chiuse? Nulla, perché sua madre è come tornata una
bambina piccola ed ha bisogno degli altri in tutto e
nello stesso modo dei bambini piccoli non sa parlare,
esprimersi, e sembra, come loro, non avere un
passato. Ma Sara l’ ha avuto quel passato e, se non più
nella mente, sta racchiuso di sicuro dentro al suo
cuore ed Anna sa che è inutile interrogare quella
bambina dai capelli bianchi, che ha scelto di tacere in

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tutto quel tempo prima della malattia e non parlerà
adesso che non può più farlo.
Tutti i protagonisti della storia narrata nel
quaderno nero sono morti: il padre e la madre di Sara,
la suocera, la zia Matilde, la cugina Maria (venuta a
mancare due anni prima, dopo aver passato la vita in
convento), il marito Carlo, cioè il padre di Anna.
Resta solo la zia Susanna, sorella minore di sua madre,
che vive ancora al paese con il marito; ma non sa
niente, come nulla sapevano gli altri, ad eccezione di
una di quelle persone ormai scomparse. Infatti,
solamente ad una di esse Sara aveva rivelato il segreto.
Pur nello sconforto nel sentirsi circondata da
fantasmi, la sera prima Anna aveva compreso che
qualcuno, forse, poteva sapere, ed era appunto alla
ricerca di quel qualcuno che si accingeva a partire.
Sonia, una delle infermiere, si avvicina sorridendo.
È giovane, si dev’essere diplomata solamente qualche
anno prima. Ad Anna è simpatica perché sa sempre
dire una parola di conforto a chi, come lei, ha
costantemente bisogno di sperare.

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“Già qui, oggi?” chiede ad Anna, che, per un
attimo, ancora frastornata, non risponde. Si scuote
solo quando la vede, in piedi, nella sua divisa bianca,
mentre in silenzio scruta la faccia assente di Anna.
“Oh sì, scusami. Sai, stanotte ho dormito poco”.
“Problemi?” domanda Sonia, sedendosi nella sedia
accanto a lei.
Si conoscono da diversi mesi, c’è familiarità tra
loro. C’era Sonia all’arrivo di Sara in quella clinica, era
lei ad assistere la madre quasi tutte le mattine, a
parlare con Anna ogni volta, ed era la maggior parte
delle volte, che la vedeva stanca per l’assenza di
cambiamenti, triste per com’era ridotta la madre; era
lei che riusciva a strapparle un sorriso. Solo il giorno
prima, Anna probabilmente si sarebbe confidata. Ma
oggi perfino la madre è divenuta un’estranea per lei,
figuriamoci una ragazza che sette mesi prima non
aveva mai visto.

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“No. Il solito” risponde malinconica, mentre dal
corridoio giungono le voci del personale medico.
“Devo andare”. Sonia la saluta con una leggera
pacca sulle spalle, come ad infonderle coraggio e se ne
va per il solito giro mattutino nelle corsie.
Ormai è ora, Anna raggiunge la stanza della madre,
entra aspettandosi di trovare un'altra al suo posto,
quasi che le scoperte fatte durante la sera precedente
l’avessero tramutata in un persona diversa,
irriconoscibile. Chi ci sarà sotto le coperte stamattina,
un mostro, un essere strano frutto della fantasia, una
donna prostrata dalla sofferenza, accartocciata nelle
sue stesse bugie, sfinita dal peso dei suoi misteri? Per
quanto ne sa potrebbe esserci chiunque in quel letto
d’ospedale, tutti eccetto Sara stessa, perché lei non è
più lei dopo ieri sera. Invece è ancora solamente sua
madre, pallida e silenziosa, senza le parole che Anna
vorrebbe.
C’è il dottore in camera, assicura che è tutto
normale, vale a dire immutato, piatto. Lei ringrazia, il
dottore esce e chiude la porta. Anna resta lì, sola,

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guarda la madre che non la vede. Prova a tirar fuori le
domande che sente dentro, vorrebbe almeno sapere
perché non le ha mai detto niente, neppure quando,
diventata grande, avrebbe capito; invece sta zitta,
perché sarebbe come parlare ad una pianta che
probabilmente sente ma non è capace di rispondere o
parla un linguaggio che comprende solamente lei.
Allora Anna la saluta in fretta, evitando di
accennare al suo viaggio. Le hanno detto che può
capire, anche se non esprime sentimenti, ed Anna ha
paura di turbarla. Come in un giorno qualsiasi, la bacia
e se ne va. Lascia detto a Sonia che starà via per
qualche giorno, senza specificare altro; in caso di
necessità possono rintracciarla sul cellulare.
Esce dalla clinica con la consapevolezza che, per
la prima volta dal giorno dell’ictus, il giorno seguente
non sarà al capezzale della madre, ma in Germania,
alla ricerca di una parte di sé. Sale in macchina e guida
sicura della decisione presa fino all’aeroporto. Manca
un bel po’ alla partenza, non sa nemmeno perché è
arrivata tanto presto, annoiata inizia a gironzolare nei
negozietti dei dintorni, comincia a chiedersi se quel
colpo di testa non sia azzardato, se per il momento
non sia più giusto cercare un contatto in un'altra

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maniera. Intanto il tempo passa, ha mangiato qualcosa
e ormai è giunta l’ora.
“Al diavolo!” pensa “È trascorso fin troppo
tempo”, e sale in aereo, vicino al finestrino, dove i
suoi pensieri potranno vagare tra le nuvole. Si
accendono i motori, l’aereo decolla: adesso non può
più tornare indietro. Apre la borsa ed estrae il
quaderno. Vuole rileggere tutto con più calma, prima
dell’atterraggio.

mercoledì 26 agosto 2009

PREFAZIONE DE LA STRADA DI CASA

Ognuno cerca sempre la strada di casa.
Inconsapevolmente o meno, tutti portiamo dentro
quel luogo dal quale proveniamo, nel quale siamo
cresciuti, dove si è riso e si è sofferto e spesso è
proprio quando ce ne allontaniamo che il richiamo
delle nostre radici si fa sentire più forte. È impossibile
spezzare questo legame, sarebbe come uccidere una
parte di noi stessi, dimenticare i ricordi, relegare il
nostro passato in un limbo. Tutti i personaggi di
questo libro cercano la strada di casa: l’ ha cercata
Sara durante la guerra realizzando infine il
ricongiungimento in modo doloroso, la cerca
metaforicamente Anna inseguendo da un lato la vera
identità della madre, dall’altro qualcuno che può
svelare in parte quel mistero, quest’ultimo a sua volta
occupato a trovare un luogo mai conosciuto. La cerca
infine anche Matilde, il personaggio “diverso” della
storia ed in quanto tale isolato dal gruppo, che pure
nei suoi tratti caratteristici di donna moderna,
emancipata, libera e quindi scomoda in una società
fortemente ancorata ad una visione maschilista della
vita, brama continuamente d’essere accettata per
quello che è, di tornare a casa. Per tutti la strada da
percorrere all’inizio è nebulosa ma pian piano la
foschia si dirada e, con esiti diversi, i protagonisti
scorgono il percorso da affrontare. Perché sempre,
anche ad occhi chiusi, chi ama un posto è capace di
ritrovarlo, e dovunque siamo la voce delle nostre
radici ci chiama e ci conduce a casa.

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mercoledì 19 agosto 2009

DALL'AFRICA IL COMMENTO SULLA STRADA.



Ciao cara Lara,

Ho appena finito di leggere La Strada di Casa...... il tuo racconto mi e’piaciuto moltissimo. Sei molto brava e sono contentissima di avere il tuo libro.... vorrei avere anche l’altri!!! Dobbiamo metterci d’accordo e fare come abbiamo fatto l’ultima volta. (Grazie per la dedica!)

Ti confesso che il tuo racconto mi ha “toccata”in un certo modo, difficile da spiegare, especialmente in italiano,.... la vita quotidiana della famiglia di Sara ...... e lo stato politico di quei tempi ,in quella regione, dovra’essere stato esattamente come hai scritto. Mi ha colpito il fatto che la famiglia di mio padre doveva essere stata in una simile situazione e non solo, i problemi quotidiani, il modo di vita saranno stati anche molto simile. Cose che non conosco molto bene.

Conoscendo cosi’ poco della mia famiglia paterna, per la estrema privacy personale di mio padre, ogni “bricciola”di informazione, un piccolo frammento di luce su quella che sarebbe stata la sua vita in famiglia, per me e’ sempre stato molto importante . La ragione per la quale il mio adorato Papa’ ha sempre taciuto sulla loro storia famigliare doveva essere importantissima....questo l’ho abbiamo capito, e che fosse legata alle politiche del giorno e anche stato molto chiaro.... ma quello che veramente e’successo non si sapra’mai. La mia ricerca era incominciata con il conoscere dove i miei nonni sono seppolti, ma non ho mai potuto saperlo. Chissa’ forse certe volte e’meglio lasciare le cose come stanno....... ma la mia curiosita’ continua! Ho sempre intuito pero’ che lui abbia sofferto molto per la perdita della famiglia e per la solitudine. Fin quando si e’sposato con mia madre ed ha iniziato la sua famiglia che era cosi’importante per lui e cosi’ “sacra”. Piu’buona e decente persona, con tanta intelligenza e compassione per l’altri ancora non l’ho incontrata. (Ovviamente capirai che lo adoravo, come lui adorava noi!).



Cari saluti, ti prometto che un giorno, spero non tanto lontano, ci incontreremo!

Maria

lunedì 3 agosto 2009

MATILDE LA POSTINA


Matilde, una delle protagoniste del libro, di mestiere fa la postina. In un'epoca come quella del fascismo in cui la donna veniva considerata solo moglie e madre Matilde intraprende questa professione, portando in giro la posta pedalando in bicicletta, sotto qualsiasi tempo. Questo impiego le consentirà anche di portare in giro più agevolmente i messaggi dei capi partigiani.

venerdì 24 luglio 2009

ESTRATTO INTERVISTA DE LA STRADA DI CASA A LARA ZAVATTERI



Cosa ti ha portato a scrivere questo libro?
“La voglia di raccontare una storia che mette in discussione gli stereotipi femminili, i ruoli cui
secondo la società una donna deve attenersi, come quello di moglie e madre. Anna, Sara e Matilde
cercano di essere donne diverse, con un proprio modo di pensare e di agire alla ricerca di
un'emancipazione e di un'indipendenza. Tutte e tre tentano questa strada, ma non tutte riescono a
percorrere fino in fondo il cammino”

Chi ti ha ispirato?
“Naturalmente tutto l'universo femminile che mi ha circondato fin dall'infanzia, la storia di mia
nonna che per tutta la vita non ha mai espresso una propria opinione, mia madre che è riuscita a non
crescere con questa zavorra, le mie convinzioni in proposito. Inoltre per il personaggio di Matilde
mi sono ispirata alla zia di mia nonna che negli anni Venti emigrò in Argentina ma da lì a pochi
anni, vedova e con una figlia a carico, fu costretta a tornare al paese e ricominciare. In un'epoca in
cui la donna era quasi sempre unicamente moglie e madre lei trovò lavoro come postina (allora si
usava la bicicletta per raggiungere anche le frazioni più lontane) e riuscì ad essere, appunto,
indipendente. La famiglia di mia nonna era composta da due sorelle e un fratello che divenne
partigiano, la madre si chiamava Viola (nel libro è Violante) ed il padre fu il primo fotografo del
paese. Per anni ho sentito la storia di due tedeschi che, per non essere catturati, chiesero a mio
nonno dei vestiti borghesi per darsi alla fuga, durante la seconda guerra mondiale. Erano soldati alla
mano, che in paese non avevano mai fatto del male a nessuno e che alla sera regalavano caffè a chi
li ospitava. Mio nonno acconsentì, ma nell'aia dove si erano cambiati i vestiti non furono mai trovati
né gli indumenti né le armi che avevano con loro, che pure se n'erano andati senza. Una storia che
mi ha sempre affascinato-li ho cercati anch'io in quell'aia, senza mai trovarli- e mi ha ispirato il
personaggio di Alexander.

Che tipo di ricerche hai svolto per questo libro? Soprattutto per la parte del diario-quella più corposa- ho cercato di documentarmi sulla quotidianità
dell'era fascista, ad esempio per le uniformi dei bambini e dei ragazzi e per ciò che si leggeva
allora. In un passaggio Sara parla di una pubblicità letta sulla “Domenica del Corriere”, è una
pubblicità reale che ho ripreso da una copia del giornale appartenuta al mio bisnonno. Determinati
fatti, come quando Matilde annuncia a Sara che Galeazzo Ciano è stato fucilato e che bisogna
mettere sulla porta un documento con il nome di tutti gli occupanti ricalcano la data esatta (ho
cercato di restare fedele alle date per tutti gli avvenimenti, come Cefalonia, accaduti in quel
periodo) e un provvedimento che i tedeschi davvero imposero in certe zone al fine di impedire che
si nascondessero ebrei. Sara parla dei tedeschi chiamandoli “todeschi” perché così si identificavano
in dialetto. Ho scelto come città Francoforte sul Meno, dove si reca Anna, perché quella era la città natale di Anne Frank.

Qual è il tuo lettore tipo?
Non c'è un lettore tipo. Direi tutti quelli che amano leggere e scoprire il segreto del libro solo alla
fine.


Il libro è disponibile su
http://www.uni-service.it/la-strada-di-casa.html , www.ibs.it

venerdì 17 luglio 2009

LA DOMENICA DEL CORRIERE


La Domenica del Corriere, un supplemento settimanale del Corriere della Sera, fondato nel 1899 e chiuso nel 1989 viene citato nel libro. Lo legge abitualmente il padre di Sara e sul Corriere appaiono pubblicità che ricordano la "debolezza" della donna, pubblicità citate nel libro. La Domenica del Corriere era famosa anche per le sue copertine illustrate.

lunedì 6 luglio 2009

martedì 23 giugno 2009

AMBIENTAZIONE STORICA: LA SECONDA GUERRA MONDIALE


Il libro parte nel 2005, quando Anna trova il diario che è ambientato durante la seconda guerra mondiale e in particolare dopo l'8 settebre del 1943, quando i tedeschi da alleati divennero occupanti e nemici a seguito dell'Armistizio. In questo modo si trova la contrapposizione non solo tra tedeschi e partigiani ma anche tra Matilde, che diviene staffetta partigiana e la nipote Sara che si trova tra due fuochi. Il fratello di quest'ultima, Renzo, è stato ucciso dai tedeschi mentre partecipava ad un'azione come partigiano ma Sara conosce un tedesco "diverso" e capisce che qualunque scelta farà ferirà qualcuno. Cercherà di rimanere neutrale-pur sostenendo almeno moralmente i partigiani-ma scoprirà che non è così facile...

venerdì 19 giugno 2009

LA STRADA A JOHANNESBURG E SAN FRANCISCO


Grazie alle lettrici Maria Grazia e Norma, entrambe originarie della val di Sole, "La strada di casa" è anche nelle città di Johannesburg e San Francisco.

martedì 16 giugno 2009

UN PERSONAGGIO MINORE


Verso la fine del libro s'incontra un personaggio "minore". Si tratta di un tedesco che ha partecipato alla seconda guerra mondiale e alla fine della guerra sposa una polacca e va a vivere a Varsavia, proprio la città che lui stesso aveva bombardato. Sarà un personaggio chiave perchè custode dei segreti che Anna (e non solo) cerca di scoprire.

lunedì 8 giugno 2009

L'AIUTO AGLI EBREI



Nel libro una famiglia del luogo, pur sapendo di rischiare la vita, nasconde per un certo periodo nella propria cantina-che comunica con l'esterno- due genitori con un bambino ebreo. Una solidarietà che non muore con le atrocità della guerra ma che anzi è più viva che mai in questo episodio.

mercoledì 3 giugno 2009

UN TRATTO DI STRADA...A FRANCOFORTE SUL MENO


Una tappa del viaggio di Anna è la città tedesca di Francoforte sul Meno, città natale di Anne Frank. Il diario la porta in questa città, dove spera di trovare risposta ai suoi interrogativi...

lunedì 1 giugno 2009

LA STRADA INCASSA SUCCESSI...

Alessandra Carta ha scritto:

Carissima Lara,
Pier mi ha prestato il tuo libro 'La strada di casa' domenica scorsa quando siamo stati tre giorni a Monclassico e devo dire che è davvero bellissimo!
Avvincente e coinvolgente come un libro giallo...l'ho letto quasi d'un fiato sulla navebus e sul treno...Grazie! Appena sarà possibile lo proporrò a mamma che, anche se ha vissuto quei momenti tra Rieti e L'Aquila sull'Appennino, ha conosciuto situazioni, emozioni e vicende analoghe, le piacerà.
Ti abbraccio anche se non ti conosco di persona ora mi sembra di conoscerti di più grazie al tuo libro.
Buona serata Alessandra.

sabato 30 maggio 2009

LA STRADA E' ANCHE A PEGLI (GENOVA) GRAZIE A PIERANTONIO BORGA!!


GRAZIE AD UN LETTORE CHE COSI' HA COMMENTATO LA STRADA




Giorgio Cogoli ha scritto:


Debbo dire che ho iniziato a leggere il libro a più riprese.Ogni volta ero investito da una forma di blocco psicologico. Il tema trattato,evidentemente,rimetteva in moto dentro di me una rielaborazione del rimosso.
Temi di labili ricordi infantili,di fotogrammi di divise militari,fatti di tristezza e miseria,richiamavono alla memoria gli anni tristi del dopoguerra.Per questo man mano che procedevo nella lettura mi si aprivano finistre su squarci di vita vera ed i personaggi e gli ambienti nonesi divenivano quelli a me cari della Val di Sole. La scrittura è piana e diretta,priva di inutili fronzoli...direi..."scolastica" ed a me piace molto. Ti lascia concentrato sulla questione e sul personaggio.
Il libro poi vuole essere,riuscendoci,un omaggio alla vita dignitosa ,sofferta e tribulata del pianeta femminile. Figure forti,umili,servili,battagliere come in realtà la donna ha sempre saputo essere nei periodi di guerra ma anche di pace.

L'autrice poi,ci consegna un susseguirsi di dialettiche e contrapposizioni ideali e materiali ,che avvengono tra aspirazioni,segni,fughe,interrogativi esistenziali e del vissuto quotidiano.
Il libro è ,pertanto ,da consigliare alla lettura di tutti ed anche a quella delle classi medie con il tema " guerra no grazie".Complimenti alla giovane autrice perchè anche a me ,lontano fisicamente dal mio luogo nativo,mi ha fatto ritrovare pagina dopo pagina la "strada" delle mie radici e di casa mia...!!!Ed è sempre una bella strada....!!!

giovedì 28 maggio 2009

IL VERO PROTAGONISTA: IL DIARIO


Il vero protagonista del libro è un diario, un quaderno con la copertina nera che riporta i fatti dal 1943 al 1945. Si tratta del diario di Sara, che all'epoca era una giovane donna che trova nel diario un confidente con cui sfogare rabbia, frustrazione, incertezza che caratterizzano quegli anni, ma anche un amico cui confidare l'inconfessabile. Per tanti anni il diario resterà chiuso e segreto in un luogo e solo nel 2005 Anna, la figlia di Sara, lo ritrova casualmente ed inizia a leggere.

mercoledì 20 maggio 2009

COMMENTI SULLA STRADA



Ciao lara

sono sabrina di fucine ( quella dell' artigianato) volevo complimentami per il tuo libro, è veramente bello l'ho letto tutto d'un fiato non vedevo l' ora di leggere la fine!!!

continua così...

ciao grazie sabrina






Cara Lara, Ho solamente 2 minuti. Volevi dirti che ho comminciato il tuo libro ieri sera, con dizionario vicino, come sempre! Non ho letto molto adesso, ma mi piace quello che ho letto! Ancora, mille grazie per la tua aiuto in Val di Sole. Non sarebbe stato cosi speciale senza tu. E grazie per aver detto che io parlo perfetto! Forse qualche giorno. Adesso studio qui a Verona, ma mi manco la tranquilita del Val di Sole! A dopo,Norma


Ciao Lara,

Ho finito "La Strada di Casa" sul aereo; mi e piaciuto molto. Non aspettavo che Anna trova il suo fratello; pensavo che forse trovasse il suo padre. Sentivo molto triste quando Alexander e ucciso! Mi piace molto leggere di questi tempi durante la seconda guerra mondiale, forse perche io ero nata durante la guerra. Infatti ero nata lo stesso ano in cui Anna era nata.



Congratulazioni!Il libro è bellissimo, ci è piaciuto molto! Continua così. Ciao Ada Redolfi e famiglia.


Ciao Lara, non ho più avuto modo di vederti e Ti devo fare i complimento per La strada di casa che non solo io ma anche diversi amici miei hanno letto tutto d'un fiato.Ciao Anna



Finito di leggere il tuo libro: intrigante ... In attesa del prossimo ti invio tanti e sentiti complimenti ... Pierantonio





Leggendo il libro ci siamo emozionate e abbiamo letto tutto d'un fiato le pagine che hai scritto con grande sensibilità.
L'intreccio della storia delle tre protagoniste è infatti molto avvincente e con grande suspense abbiamo seguito le vicende personali, ma apprezzando molto alla stesso tempo anche la descrizione storica degli avvenimenti.
Complimenti, non vediamo l'ora di leggere il prossimo che ci hanno assicurato non deluderà le nostre aspettative !
Carla e Roberta
Parco Nazionale dello Stelvio







Ciao Lara, come va? E' un po' che non ci si sente.Sai, ho letto il tuo romanzo e, per quanto possa valere il giudizio diun lettore scostante, l'ho trovato bello ed emozionante.Ho apprezzato l'ambientazione storica, i personaggi, la suspense che haisaputo trasmettere e la scorrevolezza generale delle pagine. Insomma unabella storia.Durante la lettura mi chiedevo se ti sei ispirata a fatti realmenteaccaduti nelle nostre valli e quanto ci fosse in te delle protagonisteSara ed Anna. Non ti conosco molto, ma qualche analogia mi è parsa dicoglierla: determinazione, ostinazione, indipendenza, coraggio. Notevoleanche il personaggio di Matilde (che ha subito riscosso la mia simpatiaed ammirazioni per la sua fede antifascista).Beh, che altro dire, brava! Continua così... ora però basta altrimentipoi ti monti la testa! :-)Tante buone cose. Giovanni




Lorenza Menapace Beh lara...sono senza parola per il libro, mangiato in due giorni non riuscivo a fermarmi! Mi ha emozionata e catapultata nel passato ed in ogni ambiente da te descritto! BELLO BELLO BELLO


venerdì 15 maggio 2009

PERSONAGGI:MATILDE


Il personaggio prende spunto da una persona realmente esistita che, come la protagonista del libro, emigrò in Sud America-per la precisione in Argentina- ma come molti non riuscì a fare fortuna. Rimasta vedova, proprio come la protagonista, tornò al paese allevando da sola la figlia e rendendosi indipendente lavorando come postina. Tutto ciò la rendeva particolare in un periodo ancora ben lontano dalle rivendicazioni di emancipazione da parte delle donne. Nel libro Matilde è una staffetta partigiana, svolge cioè il compito di portare i messaggi ai capi partigiani sfidando ogni giorno la morte.

giovedì 14 maggio 2009

I LUOGHI DEL VIAGGIO DI ANNA


Anna dopo aver letto il diario e decisa a scoprire tutta la verità tenuta sempre nascosta da sua madre, parte da Castelfondo per arrivare a Francoforte sul Meno e infine a Varsavia. Tra una tappa e l'altra rilegge la storia scritta sessant'anni prima da Sara...

mercoledì 13 maggio 2009

IL LUOGO


Castelfondo in val di Non fa da sfondo agli avvenimenti del libro, scelto per la vicinanza con il mondo tedesco (la val d'Ultimo). Nel diario si capisce che i protagonisti comprendono un pò il tedesco parlato dai soldati, proprio perchè abitano una zona di confine.

LE PROTAGONISTE


Protagoniste della storia sono tre donne: Sara, nata negli anni Venti, sua zia Matilde e sua figlia Anna. La prima si trova a dover compiere scelte importanti nel periodo della seconda guerra mondiale, quando il marito è lontano, soldato in Russia, e tocca a lei mandare avanti casa e azienda. Conosce un tedesco proprio all'indomani dell'8 settembre 1943, nel momento in cui italiani e tedeschi da alleati divennero nemici. Combattuta tra il dovere e il sentimento, si troverà in una situazione difficile anche per la zia Matilde, femminista ante litteram, emancipata in un periodo come il fascismo in cui le donne erano considerate solo mogli e madri, indipendente e staffetta partigiana. Di questa sofferta storia leggerà Anna, nel 2005, trovando casualmente il diario della madre e iniziando un viaggio metaforico alla scoperta di sè e della madre stessa e reale tra Italia, Germania e Polonia, alla ricerca di un segreto che si svela solo alla fine del libro.